A spasso per il salone dei vini del Sud, tra passaggi, ponti mobili, piccole feritoie, in un dedalo di gusto e passione, tra amici e nuove conoscenze, meritevoli, competenti, narranti le buone pratiche del Sud Italia.

Quando i vignaioli sono tanti e la voglia di conoscere e approfondire ti trascina, la parte più difficile è scegliere, perchè sei sicuro che farai torto a chi non andrai a trovare.

Con la lente di ingrandimento, usando la bussola intrinseca che ormai porto sempre con me, inizio gli assaggi e l’incipit è in Puglia, presso l’azienda Masseria Cuturi.

Masseria Cuturi lungo la Conca d’oro bagnata dal fiume Chidro

Sentendo i racconti di narrazioni perse nel tempo, in una zona ora vocata e rinomata come Manduria, tra antiche masserie e vitigni autoctoni valorizzati,  con una cantina circondata da vigneti, gestiti in consociazione con la natura, inizio i miei assaggi, con un Rosato da Negroamaro, Rosa dei Cuturi, fresco, sapido, con una bevibilità scattante e una mineralità decisa e tangibile.

Quasi 40 ettari di vigneti, di cui 12 per la produzione e 57 mila bottiglie.

 

Passiamo al Negroamaro in purezza, Zacinto, carico, avvolgente, originato da una raccolta scalare, giocando sull’equilibrio tra acidità e ricchezza di estratti, per avere un sorso ben equilibrato, sempre acido e minerale, ma anche ricco e importante.

Tumà Primitivo 100%, proveniente solo dalla terra e dall’acciaio dove ha riposato, acquisendo e sprigionando carica di profumi di macchia mediterranea e spezie, quasi inaspettata, comunque con le note identitarie di marasca e ciliegia, pronunciate in maniera elegante, sempre con spinta minerale e anche un tannino presente.

Assaggi molto interessanti, un bel bere, dinamico e territoriale, azienda che nel segno della tradizione, unisce accoglienza, buone pratiche, il buon fare, proprio come le ricette del Sud insegnano.

Cantina Tani, 40 anni di storia, tra morbide alture e il mare

Ad Olbia, esattamente a Monti, nell’entroterra della Gallura, dove percepisci il soffio dei venti del mare e la sua sapidità.

Tra conformazioni rocciose e il volano termico del mare, su una superfice di circa 100 ettari, di cui venti a vigneto, tra pascoli e boschi, dove ruralità e paesaggi mozzafiato, si sgretolano nel calice.

 

Il Taerra Vermentino di Gallura DOCG, a 350 mslm, su terreni granitici, rese basse, raccolta manuale , che danno origne ad un calice estroverso, equilibrato, dalla freschezza sferzante e dalla sapidità propulsiva, con carattere e consistenza.

Il Donosu 2019, Cannonau di Sardegna DOC, un tripudio di spezie, tra note di liquirizia e pepe che ne accentuano i profumi e poi gli aromi.

15 gradi alcolici, perfettamente integrati nel totale del sorso, tanto acido e con un tannino giovane, piacevole, giustamente mordace.

 

Per terminare col Serranu 2017 Isola dei Nuraghi IGT

Muristeddu e Cannonau per il 48% a testa e la restante minima parte di Merlot, necessita di tempo. Appena versato si mostra ancora timido, poi inizia ad uscire alla distanza come un buon maratoneta, con un ventaglio di profumi e con un palato che viene sia accarezzato che sollecitato, da struttura, avvolgenza, giusta acidità e sapidità.

Una bella conoscenza, di un territorio che merita tanta attenzione, tanto vocato, da conoscere e far conoscere.

Giovanni Aiello, da giovane promessa a certezza e garanzia territoriale

Come detto, tra volti nuovi, ci sono anche tante facce amiche, che ammiccano, che ti fanno segno, che ti invitano ad essere assaggiati.

Con Giovanni, non ho fatto fatica, non mi ha dovuto convincere, ero già li, col calice teso, per assaporare insieme a lui, i suoi vini, già assaggiati qualche ora prima e qualche giorno prima, in degustazione, in abbinamento, per lavoro, per piacere, ma sempre soddisfatto, contento, di bere questa Puglia.

I vini di Giovanni, tra il Canale di Pirro e la valle d’Itria , nel giro di poco tempo si sono fatti conoscere e parlano di un territorio e di un tempo che fu, con la voglia di darne nuova linfa, sul portainnesto della tradizione.

Mi trovo quindi a bere una Verdeca 2020, Chakra, fresca, tenace, espressiva, sapida, sempre colma di sentori ed estratti.

Poi il Chakra Essenza 2019, da vigne di oltre 100 anni, tra macerazioni, batonnage, con tanto carattere, dove le note affumicate e agrumate si integrano, nell’originare un calice potente, teso, ricco, dalla persistenza notevole e affascinante.

Il Rosato da Primitivo, da una vigna dedicata alla produzione del rosato, dal sistema di allevamento, al terreno, al sistema di potatura, sostenuto dalla roccia affiorante, che ne rilascia nutrimento sapido.

Ne deriva un’etichetta freschissima, dove addirittura emerge una nota asciugante, dove la felce, il melograno, la nespola acida, insieme a toni erbacei regalano una beva lunga, piacevole, intrigante.

Il primitivo 2018, tanto polpa, tanto succo, immersi tra prugna, mirtillo e un tannino leggero, timido apparentemente, ma persistente e gradevolissimo che conferisce carica, nerbo ad un vino già attivo, energico, scattante.

Giovanni Aiello, sicurezza e bere identitario.

Tenuta Vitagliano, storia, autoctonia, voglia di fare

Nel “mezzo” cuore della Valle caudina, mi imbatto tra vitigni autoctoni, territoriali, identitari.

Azienda dove storia e voglia di novità si sposano egregiamente e dove assaggi e assapori un territorio.

Inizio con la Coda di Volpe 2019, da terreni argillosi a 300 metri sul livello del mare, tonico, fresco, sapido, con un finale molto lungo, intenso.

Dopo la Coda di Volpe, passando per la Falanghina, affascinante, sinuosa, da profumi carichi e intensi, arrivo ad un altro vitigno autoctono e storico, lo Sciascinoso.

2017, in purezza, tra i pochi che ne danno il giusto valore senza associarlo ad altri vitigni più conosciuti e attrattivi.

Secondo il gergo antico, Sciascinoso sta per fragile, al contrario il calice si manifesta erbaceo, tannico con note di mallo di noce e tanta corroborante freschezza, con un buon calore e tenore di estratto. Un’ etichetta affascinante, proprio come l’etimologia del nome farebbe pensare.

Per terminare con l’Aglianico 2017, che tra note di arancia rossa e tanto sottosuolo, caricato a molla dal suo tannino energico, determina un bicchiere estremamente caparbio e comunque tanto elegante, equilibrato, garbato.

Fradiles, cugini letteralmente, legame di famiglia anche con la loro terra!

Nel Mandrolisai, tra pascoli, montagne, querce e agrifogli, in un luogo dal fascino antico e secolare.

10 ettari di vigne tra i 500 e 700 metri, ereditate da geenrazioni, coltivate da cugini nel segno della tradizione e con il desiderio di valorizzare un luogo, una storia datato 100 anni.

Fradiles Mandrolisai Doc 2019, dal connubio tra vitigni autoctoni della terra dei Nuraghi, Bovale, Cannonau e Monica.

Un vino voluminoso e verticale, tridimensionale, palpabile, tangibile, nelle sue note speziate, e con un tannino evidente, tagliente, orgoglioso e tumultuoso e armonioso con l’intero sorso.

 

Bagadìu Isola dei Nuraghi IGT,  Bovale Sardo, conosciuto nel luogo come, Muristellu, in dialetto Scapolo, proprio per sottolinearne la purezza, la mancanza del matrimonio con altri vitigni, non perchè scorbutico, ma perchè fiero e orgoglioso del suo essere e della sua identità genetica.

Il calice è proprio così, determinato, diretto, sapido e con toni anche morbidi ma acidi di marasca.

Antiogu 2017 Mandrolisai Superiore DOC, il bovale si associa al Cannonau e al Monica, da vigneti di 70 80 anni, dopo aver riposato anche in legno grande, si manifesta potente, prepotente, ma anche risoluto umile, generoso e signorile.

Giusta chiusura in questa passeggiata, tra luoghi ospitali e meravigliosi, immersi nella natura selvaggia, ma pulita e accogliente.

Casebianche immersi nel Cilento, naturalmente territoriali

14 ettari localizzati  in provincia di Salerno, tra il torrente Acquasanta e il mare del Cilento, in un oasi di Biodiversità, da Trebbiano, Malvasia, Fiano e Aglianico del Cilento, per dar vita a vini succo della terra, del suolo e della mano protettiva dell’uomo.

 

La Matta Fiano spumantizzato con metodo ancestrale, da terreni argillosi che contribuiscono a fornire energia carbonica.

Lieviti capaci di donare note fresche, acide, citrine, col contributo della sostanza, per un bere dissetante, ma anche articolato.

Per terminare questa briosa conoscenza Campana, con il Fric, rosato da Aglianico, un intero canestro di melograno, lampone, una carica acida e intensa, con un sorso carbonico avvolgente e comunque strutturato.

Radici del sud, il legame indissolubile con la terra e la sua storia

Radici del Sud, sempre una bella esperienza, sempre fiero del nostro Sud vitivinicolo e dei vignaioli che contribuiscono a parlarne e a farlo conoscere.

Territorio, autoctona, voglia, forza, caparbietà.

È bello, scoprire nuova realtà, ritrovare garanzie e sapere che i nostri vignaiolo stanno lavorando con sacrificio, dedizione, competenza e passione per fare da Eco alle nostre vigne, ai nostri vitigni, ai nostri territori.

Al prossimo anno!

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Radici del Sud: un patrimonio da custodire, tante storie da raccontare

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