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1 ettaro di vigna 6000 bottiglie una cantina luogo di condivisione, di comunicazione, di ritrovo e recupero delle abitudini e del lavoro di un tempo che fu
Sembra che il tempo si arresti improvvisamente, quando varchi la soglia della Cantina Moros a Guagnano. Rimani assorto e lasci in orizzontale la clessidra del tempo, per goderti il momento, per fermarlo, per dilatarlo.
E come un paradosso piacevole, pur volendolo interrompere, l’orologio spazia, ti trascina, ti catapulta in altre realtà, ti porta a spasso tra epoche, persone, leggende, dettami, scoperte che ti lasciano senza fiato e ti emozionano.
Conoscendo la famiglia Quarta, te lo aspetti, ma comunque ti pizzichi le guance per essere certo di vivere la realtà e non un sogno. Alla fine è sempre un sogno, il desiderio di un produttore, ma soprattutto di persone, estremamente unite al proprio territorio e al suo potenziale, che pur di recuperarlo, di riviverlo, di raccontarlo, creano intorno ad un anziano e saggio vigneto un indotto di cultura vitivinicola, simposio e babele di tradizioni, culture, aneddoti, da vivere profondamente a pieni polmoni, con la complicità del cuore e della testa.
Un luogo della memoria, attimi, frazioni indissolubili ed indelebili, tinte di vino e di passione
Si rimane esterrefatti, quando si passeggia per i cunicoli, gli anfratti, disegnati, ricavati a partire da una cantina cooperativa, posta a pochi metri dalla stazione, anticamente passaporto per territori lontani da rimpinguare e colmare, invece cattedrale ed epicentro rappresentativa di una zona colma, piena, propulsiva, capace di generare etichette da valorizzare e da citare col proprio nome e non con quelli di altri.
Tra le vasche di cemento, si crea un’aula, per parlare di vino, oasi felice per gli appassionati, per i neofiti, per gli esperti, per tutti coloro che vogliono ridare vita alla corte passata, al convivio tra le genti, al godere del tempo, a creare ricordi, a scrivere momenti.
Ti trovi ad ammirare opere d’arte, quadri, murales creati dall’estro, dal profondo talento, come quello di Ercole Pignatelli, che partendo dal legame con la propria terra, ha voluto rendere immortale il suo ricordo stampandolo con la sua proverbiale maestria, con i suoi toni, con la sua arte sconfinata che impreziosisce un luogo magico.
Cantina Moros è la perfetta rappresentazione dell’essenza e dell’anima di un territorio e di quello che il vino è capace di fare.
Descrive perfettamente ed armoniosamente come questo debba essere adornato dalla musica, dall’arte, dalla storia, dai talenti, perchè sono parti dello stesso insieme, anelli della stessa catena, molecole della stessa formula, nodi della stessa rete, che si intersecano perfettamente e si valorizzano a vicenda in perfetta simbiosi ed armonia.
Un vino non è fatto solo per essere bevuto, ma per essere assaporato, per goderselo, per perdersi nei suoi colori e nel suo essere, per raccontarlo
E’ proprio questo, quello che si prova, quando ci si perde nei meandri di questo posto magnifico, estemporaneo, anacronistico, eterno, in cui hai solo desiderio di farti trascinare e coccolare dalle onde del tempo e di essere fiero ed emozionato, orgoglioso di essere nella tua terra che viene narrata con tanta passione, tanto merito, con colori, pennellate d’autore, rendendole giustizia, rinverdendone i fasti e dandole il giusto valore e merito.
Come un bimbo nel paese dei balocchi, osservo, annuso, respiro arte, cultura, nozioni e sgrano gli occhi e il cuore ad ogni angolo, stupito segmento dopo segmento, curva dopo curva, spiazzato e felice da ogni fotogramma che le mie pupille recepiscono e che conferiscono forza alla mente e al cuore che battono all’unisono una sinfonia celebrativa e di gioia.
L’arte, in questi sentieri è continuamente celebrata, ed è parte integrante, nodo cruciale, tassello fondamentale di tutto quello che, questo progetto rappresenta.
Lungo questo percorso, ormai quasi come tappa imprescindibile, trovi esposte tele di artisti e ti capita di vedere concretamente come la natura, come la sorte, come la sinergia dello spazio, renda uniche le opere e le immagini di Roberto Tondi, che con l’ausilio delle forze che si sprigionano in una cava di pietra leccese a 10 metri di profondità, assumono contorni irripetibili e si arricchiscono di una nota indelebile e fenomenale, si plasmano di pennellate granitiche e indissolubili, reale legame tra autore e ambiente.
I dipinti, i tocchi d’arte cambieranno, si alterneranno, ma sempre secondo un fil rouge di cultura, storia, territorio, che renderà questo luogo incantevole ed indimenticabile.
Moros 2017 e 2016 due facce della stessa medaglia, figli della stessa storia, dello stesso mito
Dopo averlo visto dipinto nei quadri esposti lungo il tragitto, dopo averlo osservato nelle bottiglie, nelle etichette, nelle barriques nuove e vecchie, abilmente alternate per dare il giusto equilibrio al prodotto finale, il vino tanto desiderato andava assaggiato.
Degustiamo Moros 2017 e 2016, ne godiamo della loro prestanza, della loro eleganza, della loro potenza, differente, anche se similare, legata, consequenziale.
Il 2017 si mostra energico, giovanile, sin dal colore, per poi sprigionare freschezza al naso, che con l’ausilio del tempo e il volano dell’ossigeno, libera note speziate di pepe, di liquirizia, di frutti rossi, tostati, tabagici e che si dissolvono in un finale, anche al palato lungo, agile, dinamico, carico, pungente, corposo, voluminoso.
Il 2016 mostra, almeno in partenza più pacatezza, più saggezza, si presenta al naso con note balsamiche, mentolate esplosive, che si liquefano e rilasciano sentori vigorosi di arancia rossa, con un tannino più energico, vigoroso, sollecitato da toni erbacei, rigidi, spinosi, di corteccia, arbusti, licheni, sempre però ordinati, e giustamente collocati in un armonia di sensazioni che fanno assaporare una bottiglia con un carattere alcolico importante destinata a lunghe e future degustazioni.
Cantina Moros, perdersi in un labirinto della memoria, in cui dirimersi facilmente, sostenuti dalla passione, dalla tenacia, dalla voglia di fare…bene
Al termine di queste ore, trascorse in perfetta armonia, ci raggiunge anche Claudio, che in concreta simbiosi genetica e parentale, funge da ancora, da faro per Alessandra, ma a sua volta viene travolto dalla sua energia giovanile, compensandosi a vicenda, raggiungendo il giusto equilibrio non solo generazionale, ma anche energetico e collaborativo.
Risalgo e vengo accecato dal sole, forse da quel Dio Greco che reclama i suoi allori, i suoi galloni, la sua energia, dopo aver tessuto le lodi, di un Dio Antagonista, del tenebroso Moros, del cinico e razionale depositario del destino nel quale ci siamo persi, e nelle sue braccia ci siamo fatti dondolare tra diverse ere, stagioni della vita.
Ritornando in superficie, siamo più sereni, felici, convinti e positivi in un futuro sicuramente generoso e prospero, perchè affidato all’animo nobile di persone come Alessandra e Claudio, vogliosi di raccontare e dare il giusto valore ad un territorio, ad un vitigno, ad un paese con un potenziale estremo e straordinario.
Vado via sereno, sicuro che la mia terra è in buone mani, fin quando gli occhi e il sorriso di Alessandra, si soffermeranno su un tralcio, fin quando le sue mani andranno a diradare un grappolo, a fare spazio ad una foglia, a salutare un nuovo acino, fino a che la sua gioia e la sua energia, saranno contagiosi, sicuro che un vitigno verrà rivalutato, una zona verrà valorizzata, un luogo verrà ripopolato, un passato verrà riportato nel presente e scagliato verso il futuro!!!