Cantina Supersanum, “officina del vino”, laboratorio esperenziale, desiderio ostinato e caparbio di far esprimere il territorio, di valorizzarlo e di farlo manifestare totalmente.
3 fratelli, legati dalla passione per la propria terra, radicati ai loro ricordi, ai luoghi che hanno visto cambiare e che desiderano riportare ai fasti di una volta.
Partire da terreni invisibili, fare riabilitazione a vigne abbandonate, intorpidite da stagioni incolte, fare incetta di biodiversità, per tutelarla, “approfittarne” e creare una miscela esplosiva per avere suoli potenti, DNA totalmente territoriale e vini materici e “umici”.
I luoghi della loro infanzia diventano l’epicentro del loro lavoro, della loro missione, usare tutti i vitigni con cui si imbattono nel loro cammino, vinificarli, spremendoli nella loro essenza, fare vino con massima competenza, proteggendoli in campo e in cantina.
La ricetta apparentemente semplice, il manifesto delle buone pratiche agricole, riavvolgere il rullino de fare bene: assenza di chimica, se non la rappresentazione spontanea dell’unica naturale traduzione delle formule della fermentazione.
Fornire al suolo e di conseguenza imboccare le piante apparentemente scapigliate, con nutrimento naturale, “compost home made”, con inerbimento biodiverso da cui attingere forza per ripartire, piramide di flora e fauna, insetti utili a difesa delle minacce naturali.
Poche etichette, pochissime bottiglie, blend di territorio passato e presente nel Sinergico bianco, rosso e rosato e rappresentazione globale e pedissequa del negroamaro nel Caminante e nel Don mosè.
Volontà di capire il vitigno con i suoi pregi e difetti, che diventeranno i suoi punti di forza, la loro carta di identità, per avere vini, veri, potenti, materici, eleganti e da poter anche attendere.
Lavorare bene, dedicarsi, coltivare uno ad uno ogni singola pianta, “restaurarla” con abilità e tenacia, per generare nel calice etichette che sono un patrimonio di biodiversità, di storia, di cultura e territorio.