Degustazione decisamente “naturale” tra amici, in questo caso selezionati, indigeni, autoctoni e non, ma sicuramente genuini, schietti e sinceri, proprio come i vini in batteria.

Visto il numero cospicuo di bottiglie, le etichette erano col fondo, mentre la sete di “conoscenza” dei partecipanti era decisamente “senza fondo”.

I vini erano di estrema qualità, i partecipanti erano  straordinari e quindi era necessario che anche i locali che ci ospitassero, fossero di estremo valore.

Luogo evocativo, storico, romantico, ideale per assaggi, saggi, costruttivi, territoriali e buoni

Quale luogo migliore e più adatto per cotanta bellezza, se non Il palazzo Ammazzalorsa di Bisceglie.

Eredità Settecentesca assunta dalla famiglia Bruni, oggi conduttrice e produttrice dell’azienda Vetrere,  incastonato tra il centro storico e il porto di Bisceglie, colorato e impreziosito dalla brezza marina e dalla tersa trasparenza del cielo, eventualmente adornata da riflessi di tonalità cangianti secondo la direttiva naturale del sole.

Giornata di confronti, idee, assaggi, curiosità, in cui i calici intermittentementi ci davano e toglievano certezze, insinuavano in noi il tarlo della curiosità e della conoscenza e quindi ci portavano a sperimentare, provare, capire, concentrandoci, più o meno profondamente, ma sicuramente ancorando i nostri sensi e stimolandoli.

L’etichetta, anche in una dimora Settecentesca non serve, se segui il galateo e le buone pratiche del campo e della cantina

Alcuni, ci hanno provocato emozioni e hanno destabilizzato un po’ il centro nevralgico standard dei nostri sensi, obbligandoci ad immedesimarci su una beva, forse un po’ fuori dagli schemi, ma comunque decisamente interessante, piena, profonda, essenziale.

Altri, hanno accolto, più facilmente la nostra fiducia sensitiva e sensoriale, placando con premure, argomenti, vocaboli e dialettica più famosa e traducibile, il nostro palato e ingranaggio gustativo.

In una montagna russa di assaggi, condotti dal fil rouge della qualità, sono passati dalle nostre assetate fauci di degustatori, calici tra loro estremamente differenti, anche se assimilabili tra loro per certi versi.

Tutti erano educati e conoscevano le buone maniere e le migliori pratiche e comportamenti da usare nelle filiera di produzione e quindi, anche se ognuno a modo suo, col suo background e la sua memoria, erano tutti rispettosi e depositari del loro territorio di appartenenza.

Il giro d’Italia inizia da Valdobbiadene, immersi nel verde “Vitale” e nella natura

Il Prosecco col fondo di Vitale Girardi, che dalla sua “malga ribelle”, ci porta in tavola un prodotto che se non verrà ricordato per una presenza carbonica decisa e prolungata, ma certamente elegante e setosa, sicuramente donava freschezza e agilità gustativa, sollecitando le giuste corde sensoriali del palato, con richiami floreali ed erbacei notevoli.

Sia l’etichetta che il calice riporta l’impronta e il sigillo del produttore, che immerso nella verde collina di Valdobbiadene, conduce bucolicamente le sue attività, in una autogestione naturale tanto semplice, quanto ordinata e speciale.

Dal Piemonte alla Campania, non esistono confini, quando il linguaggio è quello della natura

L’infernot di Cascina Boccaccio, un dolcetto dal colore già eclettico e stravagante che ci travolge il palato con toni fragorosi e freschi di frutta rossa, che incoraggiati dal tono predominante del sorso fresco e ravvivante, si esprimono per lungo tempo e decisamente in modo piacevole.

La coda di volpe de La cantina di Enza, che già dal colore presagiva un sorso ricco, ghiotto, corposo e che era anticipato da profumi intensi e intriganti. La beva ha rispettato tutto quanto gli occhi prevedevano e quindi, sempre sollecitato, da una schiena acida vibrante e tesa, il palato era avvolto da una trama piena e compatta, oltre che voluttuosa e lussureggiante.

Amici di Puglia, colleghi di terra, braccio a braccio, connessione tra braccianti prima di tutto

La Verdeca di Tenute Macchiarola, una garanzia in ambito enologico, che sia naturale o convenzionale, si mostra disinvolta, spontanea, piena e carica, dissetata dal carburante naturale delle fecce fini su cui ha sostato per diversi mesi, vera placenta per generare un calice serio, composto, deciso.

Equilibrio della natura, non esercizio galenico, possibile visto le conoscenze del produttore, che però, cerca solo di restare in bilico in modo per per nulla precario, sul filo del triangolo pianta-terra-uomo, nient’affatto scomodo, anzi decisamente a loro agio, spaparanzati e comodi nella bottiglia.

Il Fiano di Pietracavallo che con tenacia rocciosa e vigorosa mostrava i suoi muscoli aromatici e profumati, tonici, distesi, sempre valorizzati da un’onda acida e fresca che in un tumulto di sensazioni, trascinava con se profumi piacevoli e generosi.

Libero, in tutta la sua storia, enologica, si esprime deciso e teso, senza fronzoli, usando i toni delicati del suo DNA di vitigno, intervallati da modi più diretti e risoluti, come la terra insegna.

Il Litro di una volta, la bottiglia e il gusto di sempre

Visto che non si era bevuto abbastanza, ci siamo giocati anche la carta del Litro di Ampeleia, scritto 4 volte in etichetta, che riporta all’atavica voglia del bottiglione da litro, sotto l’albero per refrigerarsi da una calda giornata lavorativa sotto il sole, e per ricaricarsi.

Decisamente coerente con la giornata trascorsa: una scampagnata in mare tra amici, una tavolata di altri tempi, spensierata, ma consapevole, non poteva mancare il Litro, imponente, che è piombato sul tavolo, con rumore esplosivo come un asteroide sulla terra. In realtà al di là dell’apparenza, rustica e potente, contro ogni previsione, si presenta, fresco, leggero, giovane, come i vigneti da cui proviene, determinato e immediato, comunque pieno e vigoroso. I vitigni usati, alcuni stranieri in terra autoctona, come Alicante e Alicante Bouschet, contribuiscono a rendere il bottiglione interessante, vivace, scapigliato, dinamico decisamente piacevole.

Un vero assaggio coerente con l’atmosfera conviviale, piacevole, di altri tempi, in un luogo di altri tempi.

VT, un vino che sin dal nome, non ama le etichette, anche se rivela la sua eleganza e doti da etichetta, aggraziate e cortesi.

Non amo distinguere il vino tra convenzionale e naturale, perché penso che un vino, frutto della vigna, della terra, delle premure e della mano saggia e consapevole dell’uomo, sarà di qualità, a prescindere dalle limitazioni settoriali che possano venire imposte dal mercato.

Per questa ragione, il VT di Vetrere, era perfettamente adeguato e non si sentiva per nulla a disagio, in questa strepitosa batteria di vini, prima di tutto buoni, oltre che territoriali, franchi, sinceri, diretti e soprattutto emozionanti ed emozionali.

Il VT, il padrone di casa, si è manifestato nel suo mantello aromatico, distinto, elegante, col suo doppio petto e col suo bastone di legno, prolungamento della terra, a lei aggrappato e di lei, esemplare rappresentativo del moscatello di quelle terre, espresso nella sua tipicità, al di là delle etichette e degli schemi prefissati. Indigeno come i suoi lieviti col quale ha dialogato er diverso tempo e dai quali ha imparato il linguaggio del territorio e della territorialità.

Degustazione senza schemi e regole, l’unica era il divertimento serio, di fronte a persone e bottiglie di assoluto valore.

In realtà, in una degustazione senza schemi, non abbiamo seguito, questa successione e il VT, da vero gentiluomo e per accoglierci nella sua dimora, lo abbiamo assaggiato per primo e ha dato il la a questa degustazione indimenticabile e indimenticata, nella naturalezza di una giornata di sole, in un palazzo di un tempo, tra amici di ieri, oggi e sicuramente domani, accomunati dall’amore per la propria terra e dalla voglia di comunicarla.

Come tutte le pellicole d’autore, ai titoli di coda, tra gli applausi scroscianti ed interminabili della platea, scorrono i nomi degli attori, tutti protagonisti di questo splendido cortometraggio, solo per il tempo trascorso, ma capolavoro infinito per la qualità delle foto e della trama sciorinata.

In una degustazione famigliare, ringrazio i fratelli  Ciro e Michele Cavallo, Federico e Martina Andriani, Rocco, Rosangela e Laura Mita, che in preda ai fumi dell’alcol, in un’atmosfera di piena armonia, hanno rilanciato a Casa Mita, il loro splendido B & B a Pulsano, una prossima giornata sicuramente altrettanto meravigliosa.

Non posso non ringraziare tutta la famiglia di cantina Vetrere, che ha aperto il portone, i porticati, ogni sala e salone del loro strepitoso e storico palazzo di famiglia, dove tutto assume un’aria fiabesca e favolosa!

 

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Assaggi in piena naturalezza, tra amici indigeni, ma decisamente selezionati, in un luogo da favola

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