Cosa è evoluzione naturale? è un turbinio di emozioni, è una massa in eterna fermentazione spontanea, a volte tumultuosa, ma sicuramente mai fuori controllo.

Il termine manifestazione non rappresenta totalmente quello che questo evento rappresenta, non lo descrive a pieno.

Vignaioli da tutta Italia e dal mondo, esperti, navigati condottieri nella massa della materia vino, o arditi giovani marinai alle prese con nuove avventure che si danno appuntamento, in un luogo neutro come i lieviti e non selezionano le emozioni che sprigioneranno, perchè avverrà tutto 𝑛𝑎𝑡𝑢𝑟𝑎𝑙𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒.

Laboratori, fucine di buone pratiche, confronto, crescita reciproca!

Evoluzione naturale è fare rete, è confrontarsi, è sostenersi a vicenda, per rendere sostenibile nel futuro il lavoro di questi artigiani della terra.

Tre giorni di laboratori, di convegni, di approccio al mondo del vino, all’agricoltura, giorni di ausilio reciproco di crescita comune, di semina e raccolta unanime.

E’ così ci si trova a degustare un calice di vino sulle note di David Bowie o con pentagrammi più accomodanti, per cercare di creare una sinergia col bicchiere, per adoperare tutti i sensi, per godersi il momento.

Si stravolge il galateo della successione a tavola e si aprono le dissetanti danze per la mente e lo spirito con i rossi, per terminare con bianchi o apparentemente tali.

𝘗𝘦𝘳𝘤𝘩𝘦́ 𝘢𝘥 𝘦𝘷𝘰𝘭𝘶𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦, 𝘯𝘰𝘯 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘰 𝘦̀ 𝘲𝘶𝘦𝘭𝘭𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘦𝘮𝘣𝘳𝘢, 𝘣𝘪𝘴𝘰𝘨𝘯𝘢 𝘱𝘳𝘦𝘴𝘵𝘢𝘳𝘦 𝘢𝘵𝘵𝘦𝘯𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦, 𝘤𝘢𝘥𝘦𝘯𝘻𝘢𝘳𝘦 𝘪𝘭 𝘮𝘪𝘭𝘭𝘦𝘴𝘪𝘮𝘰, 𝘢𝘴𝘤𝘰𝘭𝘵𝘢𝘳𝘦.

Si può anche assistere ad un convegno sulla terracotta, sulle anfore, sui processi che coinvolgono le materie, come può essere l’uva e come possono essere i contenitori che la custodiscono.

Esperti del settore come Adriano Zago, abili e competenti comunicatori come Matteo Gallello e produttori antesignani di una scelta come Elisabetta Foradori, pronti a raccontarsi e a ricevere come legna da ardere le domande e le esperienze degli altri vignaioli.

Evoluzione naturale è un’esperienza da cui farsi travolgere e in cui farsi travolgere, a ritmo lento, nonostante la velocità trascinante e debordante con cui avviene.

I banchi di assaggio, le fionde sensoriali, i bacini di scoperta e ricerca!

Andando un pò fuori dagli schemi, proprio come questi tre giorni mi hanno insegnato, non racconterò tutti gli assaggi o meglio narrerò quello che hanno provocato in me sia i calici che coloro che me li raccontavano e parlerò dei vignaioli, di quello che mi hanno donato, del loro approccio all’agricoltura e al vino.

Poter spaziare tra regioni, tra territori, tra vitigni e vigne differenti, ti spiazza, ti destabilizza, soprattutto se bevi vini che esprimono il loro carattere anche se apparentemente in modo diverso dalle abitudini.

Ti avvicini alle etichette di 𝐿𝑎 𝐶𝑎𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎, con il suo estroso vignaiolo di Turi, con le bretelle e l’accento inglese e degusti un primitivo sempre con materia ma senza le munizioni alcoliche e cromatiche abitudinarie, che mantiene la sua personalità, il suo carattere, la sua pertinenza genetica o apri una lattina e bevi un trebbiano rifermentato col fondo, effervescente, deciso, mordace.

Poi assaggi condotti dai due fratelli della 𝐹𝑎𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑎 𝐹𝑒𝑏𝑜 un Trebbiano o un Pecorino con stigmate differenti, con trama aromatica caratteristica e con freschezza e nitidezza, figlia del territorio, del lavoro di due fratelli ansiosi e vogliosi di raccontarsi, di far evolvere gli insegnamenti del territorio e della sua storia, producendo etichette sincere, autentiche, identitarie.

Poi di 𝐸𝑟𝑎𝑙𝑑𝑜 𝐷𝑒𝑛𝑡𝑖𝑐𝑖 non ci sono prove fotografiche, ed è questo il bello di Evoluzione: potersi godere il momento, essendone totalmente rapito, tanto da discutere, ma non pensare ad immortalare l’attimo. Ci si gode del Sagrantino tenace, aggressivo, longevo e saggio o più sbarbato e meno impulsivo, ma sempre identitario, entusiasmati dai suoi racconti, dalla sua vorace voglia di narrare i suoi lavori.

Scrivanie comuni dove scrivere, parlare, assaggiare territori contemporaneamente!

Evoluzione è proprio questo, il fare comune, l’interloquire, il dialogare col vino e del vino con i vignaioli e tra vignaioli e il caso vuole che si trovino uno accanto all’altro due aziende familiari e a me familiari, anche se con intensità differente.

Così trovi i ragazzi di 𝑆𝑢𝑝𝑒𝑟𝑠𝑎𝑛𝑢𝑚, api operaie instancabili che traducono la natura nel calice e usano la grafia della vigna e della terra e dei vitigni. Negroamaro declinato secondo il suo carattere almeno bifronte acido e fenolico, cromaticamente esile ma potente nel sorso, come il Sinergico da varietà ritrovate, rivalutate, riscoperte.

Un passo più avanti, ti trovi in Sicilia con Roberto Bruno e l’azinda 𝐹𝑟𝑎𝑛𝑐𝑒𝑠𝑐𝑎 𝐵𝑎𝑟𝑟𝑎𝑐𝑐𝑜 e assaggi la freschezza, la mineralità, i profumi di quella terra e ti accoglie con una bolla da Nero d’Avola, espressiva, chiara, dilagante nella sua fresca carezza carbonica. Gli assaggi continuano scroscianti, con Nero d’Avola da farlo da padrone, ma con una batteria di bianchi altrettanto meritevoli.

Estroversi, eclettici, essenziali, vignaioli apparentemente fuori dagli schemi, ma dentro il compartimento stagno del fare bene!

E’ qui che vieni travolto dalla esplosiva e contagiosa energia dei produttori agricoltori che hanno come denominatore comune, la carica emotiva, l’accelerazione straripante che ti calamitano di fronte al calice e alle loro etichette.

E’ questo il caso di Sveva dell’azienda 𝑀𝑜𝑟𝑎𝑠𝑖𝑛𝑠𝑖, amica di assaggi in anfora e cemento e visite immersi dalla loro permacultura, nella loro food forest, nelle loro buone pratiche.

O ti ritrovi in Maremma, con 𝐹𝑎𝑡𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎 𝐿𝑎 𝑀𝑎𝑙𝑖𝑜𝑠𝑎 e il loro Metodo Corino, il loro decalogo di corretti approcci all’agricoltura, per non impattare sull’ambiente, per non consumare energia pulita, per riciclare quello che la natura fornisce, per produrla in un circolo virtuoso di auto sostenibilità.

In questo tsunami di colori, idee, vieni catturato da 𝑆𝑡𝑢𝑣𝑒𝑛𝑎𝑔ℎ 𝐶𝑎𝑠𝑡𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑑𝑖 𝑆𝑡𝑒𝑓𝑎𝑛𝑎𝑔𝑜 e dai suoi eccentrici prodotti e degusti l’orangiosauro o lo sbarbatello e al di là delle calamite cromatiche e i tocchi di pastello, percepisci materia, consistenza: chardonnay, cortese, pinot nero nella loro essenziale eleganza, vivacità, territoriale esuberanza e sul banco ogni etichetta era meritevole e seguiva il fil rouge precedente.

Concentrazione, dedizione, espressione, carattere, storia, in una parola VINO!

Nell’assedio di percezioni e assonanze gustative e territoriali mi imbatto nell’azienda 𝐶𝑖𝑎𝑣𝑜𝑙𝑎 𝑛𝑒𝑟𝑎 e con il suo conduttore, che mi snocciola tutto il suo sapere, come se sfogliasse delle cartoline o un atlante con le cartine della sua terra e me le premesse nel calice.

Dissidente, etichetta libertaria, magagna, possono sembrare degli specchietti per le allodole, degli stratagemmi per attirare attenzione, ma quando poi c’è sostanza, concretezza, lavoro e competenza, il divertimento è doppio!

Quindi posso godermi un mantonico in purezza come l’eremita, un gaglioppo ,nchiaritu rosato di due annate diverse, potendone percepire evoluzione e declinazione, il guarnaccino varietà al primo appuntamento conoscitivo, in purezza o sostenuto dallo stesso identitario calabrese gaglioppo, oltre che elevato con l’uso di barrique e così si comprende cosa vuol dire dare spazio al vitigno, assecondandone e conducendone espressione, vocazione, indirizzo.

𝑃𝑖𝑠𝑡𝑖𝑠 𝑠𝑜𝑝ℎ𝑖𝑎 un salto in Abruzzo, per assaggiare varietali a me non ancora pervenuti, come il pergolone, o versioni di autoctoni più rinomati in versione differente, come il pecorino che anche in virtù dell’approccio agricolo, emerge con balsamicità e speziatura imponente. L’uso di magneti per estrarre vino e il farmi assaggiare per salutarmi una bevanda di kiwi, per spiazzarmi, coinvolgermi e concentrarmi allo stesso modo.

𝘊𝘢𝘴𝘢 𝘉𝘳𝘦𝘤𝘤𝘦𝘵𝘰 l’Irpinia nel calice, con esperienza e capacità, con attenzione, rispettando vitigno e ambiente. Potendo bere anche il buon vecchio litro sia bianco che rosso, meritevole, autorevole, non il vino da “svendere”, ma un vino rappresentativo, di corpo, di volume, con criterio, fondamento e fondamenta territoriale, presenti in tutte le etichette sul tavolo.

I saluti finali, la batteria di fine festa, l’epilogo di una gara pirotecnica!

𝑇𝑒𝑛𝑢𝑡𝑎 𝐶𝑎̀ 𝑆𝑐𝑖𝑎𝑚𝑝𝑎𝑔𝑛𝑒,  souvenir finale di una tre giorni entusiasmante ed effervescente.

Azienda che conoscevo, di cui avevo assaggiato qualcosa, ma che con la fervida presenza del produttore diventa ancora più esaltante.

Un ottovolante di assaggi, tutti con lo stesso fattore comune, l’intelligenza di allevare e assecondare vitigno e territorio con agilità scapigliata, ma con rigore e precisione necessaria per permettere la massima espressione vitale e caratteriale e varietale.

Ancestrale da Chardonnay e Sauvignon Blanc, rifermentati, vitigni autoctoni come biancame, bianchello del Metauro, nomi evocativi e significativi, Zigara, Bello ribelle, Spavengol sempre no esercizio stilistico, ma decisa e netta capacità di trasferire nel bicchiere il lavoro della vigna e dell’uomo che l’ha allevata, per non parlare dell’espressione in purezza del Sangiovese.

La conduzione a dir poco agricola, il rafano come detonatore di azoto, oltre alle più comuni leguminose, tutto facente parte di una perfetta catena simbiotica e sinergica e il risultato è esaltante.

Altri assaggi di cui non ci sono tracce fotografiche ma stampate nel tappo a vite dei miei ricordi!

Con tanti altri artigiani della terra ho disquisito, comunicato, assaggiato, confrontato, da 𝑅𝑜𝑏 𝑑𝑒 𝑀𝑎𝑡𝑡 beneventano con le sue bolle travolgenti alla Malvasia nera toscana, il Canaiolo e il vermouth di 𝑃𝑜𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑐𝑎𝑠𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎 o de 𝐼 𝑓𝑜𝑟𝑒𝑠𝑡𝑖𝑒𝑟𝑖 con vitigni sempre toscani estrosi e potenti, oltre che genuini e deflagranti al palato. L’umbra azienda 𝐴𝑛𝑑𝑟𝑒𝑎 𝑃𝑖𝑙𝑎𝑟 con i suoi autoctoni, condotta da giovani leve volenterose, caparbie e capaci, 𝐴𝑧𝑖𝑒𝑛𝑑𝑎 𝐴𝑔𝑟𝑖𝑐𝑜𝑙𝑎 𝑆𝑎𝑙𝑣𝑎𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑀𝑎𝑟𝑖𝑛𝑜 col suo Turi, catarratto in purezza assaggiato durante un laboratorio, che racchiude l’essenza sicula, per non parlare di 𝐹𝑜𝑟𝑎𝑑𝑜𝑟𝑖,  una garanzia, assoluta certezza, ricerca, espressione, rispetto, parole usate e non abusate e reali. Laboratori eccezionali sia umanamente che professionalmente. 𝑇𝑒𝑟𝑟𝑒 𝐺𝑟𝑜𝑠𝑠𝑒 oramai amici per merito e per condivisione, persone squisite che trasmettono tutta la loro competenza, la loro passione, la loro umiltà, la loro intraprendente intelligenza, le loro geniali intuizioni per trasferire dal campo al calice, il vitigno, la stagione, il territorio. Pinot grigio macerato, etichette da varietà resistenti e antiche, rifermentati da vitigni autoctoni e tanto altro per respirare una zona, un suolo e le sue zolle. 𝐶𝑎𝑚𝑒𝑟𝑙𝑒𝑛𝑔𝑜 estroverso mattatore lucano, anch’esso già conosciuto e assaggiato durante il primo laboratorio con un rosato a cui ancorarsi, da godersi e rigodersi. 𝘊𝘢𝘴𝘢 𝘊𝘢𝘵𝘦𝘳𝘪𝘯𝘢 con le sue bolle eccezionali, nitide, precise, scroscianti, infinite, come l’assaggio di un rosato di diversi decenni, intonso, fresco, indimenticabile.

Tutti gli altri sono assaggi non fatti, occasioni perse, sicuramente da indicare sul mio taccuino e anche le aziende già conosciute che non ho avuto modo di assaggiare, dovranno essere “riascoltate”, perchè questi vignaioli sono sempre in 𝘦𝘷𝘰𝘭𝘶𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦, in fermento, non sono mai domi e non si accontentano, cercano la perfezione, partendo a volte dall’imperfezione, dalla ricerca, dalla coscienziosa sperimentazione, sono un parco giochi vivente, sono persone in continua 𝘦𝘷𝘰𝘭𝘶𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘕𝘈𝘛𝘜𝘙𝘈𝘓𝘌!

Al prossimo anno…sempre in evoluzione…𝑁𝐴𝑇𝑈𝑅𝐴𝐿𝑀𝐸𝑁𝑇𝐸!

 

 

 

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Evoluzione naturale, infusione di emozioni, officine del fare bene, legame indissolubile tra uomo e natura!

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