Fase 2 e mezzo, quasi 3, torniamo in campo, dal vivo a chiacchiere con i produttori.

Riprendiamo da dove avevamo lasciato insieme a Marco Ludovico, un giovane enologo vagabondo , girovago per il mondo, ma sempre con la sua terra nello zaino e un’idea ben precisa in mente: valorizzare ed esprimere il suo territorio nel calice.

Vino artigianale, personale, territoriale termini usati da Marco per descriversi

Nel marasma delle denominazioni, dei titoli, dei cataloghi, delle scuole di pensiero, ci sono produttori ARTIgiani che vogliono solo raccontare il territorio e il vitigno e mettono a disposizione le loro esperienze in campo e sui libri per farlo al meglio.

Sicuramente Marco è uno di loro, ragazzo umile, deciso, tenace, competente, con tanta energia, che cerca di tradurre in vino, la zona a cui lui è legato saldamente con radici profonde e indissolubili.

Personale, proprio per non omologarsi, per non seguire canoni precisi, per non adeguarsi a restrizioni o indicazioni che non gli permetterebbero di seguire la sua strada , quella della vite e dell’ambiente che la circonda.

Territoriale, in quanto quei vitigni, genuini, autentici, storici, saranno espressione di quel microclima, di quel suolo, di quello spazio definito e delimitato, che è la terra delle Gravine, scenario ideale e predisposto per generare vini dal carattere e dalle note indelebili, indiscutibili e identitarie.

Lavoro complesso, difficile, faticoso, remunerativo più per l’animo che per le tasche, ma che ha tracciato per Marco un solco, argine valicato di una strada sicuramente tortuosa, ma assolutamente lunga e duratura.

Cosa ti hanno dato l’esperienza all’estero e fuori regione?

In scienze ci hanno sempre insegnato che il fenotipo è dato dal genotipo più l’ambiente, quindi il proprio background acquisito nel tempo, le conoscenze, i confronti, le scoperte, sono miscela fondamentale per fomentare il nostro sapere e determinare le nostre azioni e le nostre scelte.

I suoi studi enologici ad Udine, le sue esperienze lavorative a Manduria, a Napoli e Montalcino, in Argentina a Mendoza e in Nuova Zelanda a Blenheim lo hanno arricchito , fornendogli gli strumenti necessari per acquisire la consapevolezza, la determinazione e la volontà per tornare nella sua terra e dargli lustro e parola, partendo dai mezzi che il suolo stesso, aveva a disposizione.

Sistemi di allevamento come il tendone, con nomea di pergolato da quantità, il Trebbiano e il Sangiovese, per motivi diversi visti, in queste zone, come vini minori, la Verdeca dall’anima nobile, ma sempre ridotta a vino effervescente e amabile, tutti ambiti rivalutati e valorizzati, sapendo bene dove voleva andare, come fare e perchè.

E’ proprio questo che è il punto cardine rappresentativo di Marco vignaiolo, essere convinto che il vino artigianale, non è un vino che deve essere abbandonato a se stesso, come una nave senza porto e senza timoniere in balia delle onde fermentative, ma al contrario avrà bisogno di idee precise, nozioni chiare e corrette, sperimentazioni, prove, che lo porteranno a generare un prodotto finale stabile e di qualità.

“Ogni momento, ogni attimo in vinificazione e non solo, è decisivo, è importante e fondamentale e può mettere in discussione lavori di anni” , queste sono le parole di Marco quando snocciola con semplicità e generosità i concetti chimici e fisici che portano alla bottiglia finale e fa comprendere che è fondamentale gestire tutto quello che ruota intorno al vino, con l’unico coadiuvante e socio che lui accetta, che è la competenza, l’attenzione, la cura dei particolari, la conoscenza del territorio, la maniacalità dei gesti e delle azioni.

Rifementato in bottiglia col fondo, macerato in anfora, vini non per fare clamore ma per esprimere le loro peculiarità

E così ti trovi a sorseggiare, parlando con Marco, vini che per anni ti hanno propinato con delle caratteristiche, con delle inclinazioni e che poi arrabbiati e nerboruti li assapori in tutta la loro eleganza, estro, grazia e potenzialità, determinati a farsi conoscere per quello che loro sanno di essere, fenomenali e straordinari.

Quindi vieni travolto dalla freschezza e generosità della Verdeca che affina sulle sue fecce fini, acquisendo clamorosamente consistenza, struttura, potenza sempre declinate con classe e dai profumi che riecheggiano nell’aria, pungenti, sinuosi, corroboranti.

Degusti un trebbiano che macera in anfora, che si nutre delle sue bucce, dei suoi estratti, che si gonfia di sentori, sensazioni, clamorosa espressione di capacità nascoste che gli fanno indossare panni di altri vitigni, di altra caratura, come se si dovesse mascherare, altrimenti non sarebbe riconosciuto e riconoscibile. Rapporto embrionale con le bucce che cambierà anno per anno, assaggio dopo assaggio, età dopo età per provare  a raggiungere la perfetta definizione del vitigno.

Bevi il Matìn, il metodo classico interrotto, il minutolo che sguazza nel suo fondo, che si tramuta in un disordine apparente e programmato, dove si evolve e dove ogni tassello va al suo posto, dove l’entropia e l’entalpia dei componenti trovano saggio ricovero e giusta espressione ed espressività.

Terminando con i due rossi, il Primitivo e il Sangiovese da “tendone del 1984”, per rivalutare e dare alla letteratura vitivinicola nuove parole, neologismi ampelografici e tecnici su cui disquisire, argomentare, relazionare.

Due rossi con la loro identità, veri, eleganti, entrambi peculiari: agile, scattante, lungo, poderoso, fibroso il Primitivo e coerentemente tannico, fresco, persistente, corroborante, aggressivo con tatto il Sangiovese. Da gustare anche dopo diversi giorni dall’apertura, perchè per nulla pavidi e senza temere l’Ossigeno, fiero scudiero, si esprimono esponenzialmente meglio, crogiolandosi all’aria e dibattendo con essa, tessendo legami e producendo colloqui di alto valore.

Le etichette, altro descrittore del lavoro e del connubio tra natura e uomo

Realizzate con carta naturale,  disegnata dall’artista Mario Di Paolo che rappresentano i cinque volti umani con le foglie, omaggio alla simbiosi tra uomo e natura, uno espressione dell’altro, uno veicolo, strumento per l’altro, nota di uno spartito che suona all’unisono.

Tappi riciclabili, bottiglie che dalla forma fanno comprendere come il produttore vorrebbe che questo vino venisse bevuto, con la giusta attenzione, ma anche con facilità di beva, per bagnare i propri convivi con vini di qualità e con storia da raccontare e narrare, lungo le lacrime copiose che si aggrappano ai calici che trasudano passione, emozione, sensazioni.

L’umiltà, la serietà, la bontà d’animo, la modestia, doti innate, cromosomi che porteranno lontano un giovane vignaiolo, artigiano consapevole e competente!

Termina così un’altra bella chiacchierata, nata assaggiando quei vini, ascoltando le etichette e le voci che circolano su questo produttore giovane, modesto, capace, coraggioso e competente e che mi hanno portato prima ad assaggiarlo e poi a conoscerlo.

Si rimane esterrefatti e piacevolmente allibiti e basiti di fronte alla semplicità con cui si racconta, alla chiarezza genuina e disarmante con cui, senza segreti, senza alchimie, senza celare alcun dettaglio, racconta la sua vinificazione, no brevetto da tutelare e da preservare dalle mani di furfanti, ma file da scaricare, link da cliccare, webinar gratuito da seguire, per comunicare, palesare, manifestare le proprie concezioni, i propri strumenti e donarli a chiunque voglia avvicinarsi al mondo del vino.

Ragazzo volenteroso, voglioso di dare il giusto valore ad una terra in cui crede, di cui è innamorato e che loda e decanta come un poeta farebbe della sua amata.

Ingordo di conoscenza, di confronto, assetato di sapere e sempre alla ricerca di miglioramento, sono certo che Marco Ludovico, insieme alla sua terra, andrà lontano e continuerà a farsi conoscere, con la sua pacatezza, col suo sapere, senza sgomitare, in questo mondo che ha necessariamente e assolutamente bisogno di persone, di produttori, di artigiani come lui!

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Chiacchiere con i produttori: Marco Ludovico Enoartigiano in terra delle Gravine

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