In questo articolo vorremmo far comprendere che il vino al di la delle etichette, deve emozionare, piacere e si deve poter bere!
Sembra quasi un ossimoro il titolo di questo articolo e il suo incipit, ma in realta e proprio questo, quello che dobbiamo evitare e partire da questo quando si vuole parlare di vini artigianali, figli della terra, coadiuvati dall’uomo, con socio di maggioranza la natura, vini affini all’ecosistema, eco sostenibili e futuribili.
Premetto che non amo distinguere e fare una differenza tra vini convenzionali e naturali o addirittura perdermi nelle sottocategorie, biologici, biodinamici, artigianali, perche quando bevo un vino, voglio solo godermelo, magari, facendo tesoro di esperienze pregresse, cercare di scoprirlo senza leggere l’etichetta e magari anche capire il territorio da cui si origina.
Scrivo questo articolo, per cercare di fornire qualche indizio per bere bene a prescindere dal “titolo” del vino e dagli emblemi di cui si puo fregiare, per evitare l’omologazione e la standardizzazione, anche tra vini definiti naturali o comunque di quella corrente.
Si dice sempre che il buon vino si fa in vigna e che il suolo deve essere messo nelle condizioni di dare forza e propulsione alla pianta.
In questo periodo di cambiamenti climatici, di assenza di materie prime, di mancanza di acqua, di temperature sempre piu estreme sia alte che basse, di poca prevedibilita e necessario salvaguardare e considerare l’ambiente.
Sicuramente questo puo essere un primo indicatore, uno strumento per definire un tipo di approccio alla vigna e di conseguenza al calice.
Quando bevo un bicchiere di vino, non amo catalogarlo, mi piace assaporarlo e percepirne l’essenza, senza dovermi porre troppe domande, voglioso di farmi attrarre e trascinare dal vino e da quello che mi racconta.
Sicuramente lo stupore che potrebbe derivarne, la potenza dei profumi e della materia mi coinvolgera, mi dara ulteriori indizi.
La standardizzazione dei profumi, delle sensazioni percepite, e un altro riferimento da seguire e questo non solo nei vini convenzionali.
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Vino naturale non vuol dire vino difettato o omologato nella manifestazione aromatica.
A volte sembra che un vino, privo di coadiuvanti, scevro da ausili chimici, non confortato dalla tecnologia ( che viene comunque, a mio avviso stigmatizzata erroneamente in questo mondo), possa essere quasi giustificato e presentare difetti e di conseguenza corredi aromatici identici, a prescindere dal vitigno, dal territorio, dalla sua residenza.
Odori spigolosi, molto forti, tenaci, sembra come se dovessero far parte del ventaglio dei profumi di questi vini, come se fossero necessari, quasi descrittivi.
Partiamo proprio da qui, che sia convenzionale o naturale, il vino deve sapere di vino e il vitigno deve emergere e dovrebbe essere riconoscibile, anzi dovrebbe esserlo ancor di piu, in mancanza di interventistica spinta, come dicono gli estremisti del vino naturale.
Vino sano, salubre, prima di tutto, ma anche stabile, perche i difetti comunque non sono sicuramente richiesti, ben accetti e forieri di buone cose.
Il vino “naturale” ( deve ) essere buono!
A volte quando faccio bere un vino naturale, amici, neofiti, si stupiscono dell’assenza del difetto, del fatto che sia buono. E’ questo quello che va compreso e comunicato.
Il vino FATTO BENE, senza troppi fronzoli, con la presenza minima di qualsiasi tipo di intervento, sara un vino dove il carattere dominante sara fornito dalla materia prima che gli dara vigore, caparbieta, tenacia nel perdurare nel calice e nel tempo.
Vino naturale, del contadino, “come lo faceva mio nonno”, artigianale, non convenzionale, chiamatelo come volete, ma lo cosa fondamentale e che deve essere una certezza, e che il vino non deve essere scomodo, squilibrato, scomposto, non deve far emergere solo sensazioni difficili, ambigue.
Andare oltre le etichette e le categorie!
L’etichetta non e tutto, puo tradirti in un senso o nell’altro, a volte ci sono vini piu che artigianali, che non hanno certificazioni, timbri, vessilli che richiedono denaro da investire, unita da dedicare.
Queste certamente indicano un processo seguito e maglie piu o meno larghe su cui muoversi, ma al contrario una etichetta priva di questi riconoscimenti non necessariamente, vuol dire che non segua dei paradigmi del fare bene, a volte purtroppo, avviene solo per mancanza di forze economiche e umane da stanziare.
Quindi biodinamico, biologico, facente parte di manifesti, di associazioni, permettera di muoversi piu o meno con destrezza in questo mondo, ma poi sara il vino a dirci la verita a non poter indossare maschere a poterci raccontare la propria esistenza e piu avra da dire, piu sara autentico.
Non sara ingabbiato da sistemi, processi, che gli danno stabilita, ma anche lo rendono piatto, conforme, standard, uguale gli uni agli altri.
Il vino buono cambia sempre, ti stupisce, lo cerchi, lo attendi
Un consiglio per andare oltre le etichette, ma per essere concreti, e proprio che un vino figlio della terra, della buccia, della pianta e che ha sostato in cantina per essere pronto all’assaggio, sara mutevole, cangiante, dinamico, per nulla statico.
Il vino e materia viva, e stato imprigionato dal tappo per diverso tempo, necessita di amplificarsi, di perdere quella manifestazione riduttiva, ha bisogno di coordinarsi con l’ossigeno che non deve temere, anzi deve essere una fionda aromatica e sensoriale, che deve arrivare il piu lontano possibile nel tempo.
Se un vino appena aperto e gia perfetto, non mostra titubanze, ha tutto a posto, non necessita di un po’ di tempo per sgranchirsi, a parte il modo in cui e stato prodotto, e sicuramente un vino noioso, omologato, che non puo stupirti, da cui non ti aspetti altro, soprattutto se non cambia, se non si evolve, se non muta insieme all’ossigeno in un panta rhei di sensazioni gusto olfattive.
Una vera e propria definizione di vino naturale non c’e.
Molti dicono che dovrebbe acquisire questa effige un vino in cui non c’e alcuna mano dell’uomo, in realta se partiamo dal presupposto che la vite e una pianta strisciante e necessita di un palo su cui ergersi per crescere, gia comprendiamo che l’intervento umano e necessario.
Senza essere cosi estremi, (termine tanto caro ai produttori naturali), il sistema di allevamento e una scelta dell’uomo, certo dettata dalla conoscenza del vitigno e del territorio, ma comunque e una operazione che determina una reazione da parte della pianta.
Il momento della raccolta, la scelta di vinificare masse diverse, di raccogliere in tempi differenti, di fornire stabilita al vino, sono tutte azioni che comunque prevedono una replica da parte della pianta e che dirigono verso un risultato finale.
Tecniche, operazioni, azioni che indicano e che si pensa siano garanti di un risultato finale!
Lieviti indigeni, autoctoni, fermentazioni spontanee, assenza di filtrazioni e chiarifiche, sono solo alcune delle attivita che conferiscono senso di appartenenza ad un tipo di vino, ma che non possono essere condizioni necessarie e sufficienti per definirlo e soprattutto, per assicurarne la bonta!
In questo contesto, non vorrei essere troppo tecnico, o entrare in tecnicismi che ancora di piu potrebbero confondere e non dare le giuste dritte per comprendere questo argomento cosi ampio e facile da subire deviazioni.
E’ normale che non filtrare un vino, vuol dire non privarlo di materia, ma la massa deve essere stata gestita in maniera pulita, idonea, concreta.
Non farlo precipitare allo stesso modo, significa non modificarne l’equilibrio.
L’utilizzo di lieviti indigeni vuol dire usare il patrimonio genetico della pianta, dargli continuita, ma a volte lieviti neutri potrebbero non dare alcuna impronta.
Le fermentazioni spontanee sicuramente sono sintomo e significato di una partenza naturale, dove la massa in fermento si e adeguata , si e equilibrata da se, ma sempre col timore che assecondando un istinto naturale, puo essere sempre un risultato instabile, non controllato e incontrollabile.
Poi ricordiamo che anche non intervenire e un intervento, che scatena azioni, reazioni, sensazioni e che comunque e definito dall’uomo, che anche non scegliendo sceglie.
Tiriamo le somme per cercare di “vinificare” un pensiero stabile nel tempo!
Insomma si dice che il vino buono non faccia venire il mal di testa, ma forse questo articolo in qualcuno lo ha scatenato, spero pero che abbia dato qualche informazione in piu e che abbia fatto comprendere cosa si intende per vino in generale, e come bisogna approcciarsi ad esso.
Soprattutto cosa aspettarci da un vino, cosa cercare in un vino.
Chi storce il naso davanti ad un vino convenzionale, ricco, ghiotto, sfacciato, omologato e perche ha bevuto vini in partenza piu scapigliati, piu eclettici, ma che poi hanno un loro equilibrio, hanno un loro bilanciamento, acquisito nel corso della loro vita, dal campo alla cantina, collaborando con l’ossigeno, con i propri lieviti, con la stagione, avendo bisogno e necessita di tempo.
Stesso si dovra dire quando il vino detto Naturale e sempre uguale, sempre con quegli estremi da comprendere, con quegli odori da cui doversi dirimere, quelle sensazioni che dobbiamo essere capaci di togliere, per poter poi assaporare il resto del calice, quello che comunque c’e e che non lo rende uguale a tutti gli altri.
Insomma bevete tanto e bevete bene, bevete produttori artigiani, bevete vini di quei vignaioli che intervengono il meno possibile, ma che comunque conoscono la loro vigna, il loro territorio, la loro storicita, bevete vino buono, originato con competenza, passione, dedizione!