Durante questa afosa e asfissiante estate, naturalmente ricerchiamo protezione dietro le fresche e stuzzicanti bollicine di prosecco.
Come nel deserto, per noi qualsiasi champagnotta, non importa se affogata in un ghiacciato suaglass, o ricoverata in recondite cantinette refrigerate, o abbarbicate in una mensola di un’enoteca, come in un miraggio racchiude in sè l’effervescenza disinibita e sfacciata del prosecco.
Il nostro cervello, rarefatto dal caldo vede solo prosecco e intontiti dai tormentoni estivi, inariditi dal sol leone, a volte accarezzati e rigenerati dalla brezza marina, coccolati dalla ninna nanna della risacca marina, trangugiamo litri di spumeggianti bollicine senza interessarci più di tanto della loro reale identità.
Ecco perchè quando mi capita, grazie ad un benevolo destino, leggermente aiutato dalla mia alcolica volontà e “enoica” curiosità, di imbattermi in un prosecco con la G maiuscola, non posso che sedermi, ascoltarlo mentre me lo narrano e mentre lui si racconta, portandomi per mano, lungo le scoscese e ripide colline in Valdobbiadene.
Bisol, come scrivere la storia del prosecco lungo secoli e generazioni, partendo dalla propria terra!
La storia della famiglia Bisol, inizia nel 1542, quando per un’antica famiglia del vocato territorio di Cartizze, all’epoca denominato “Chartice” venivano coltivate le uve da Glera e si protrae nei secoli e per 21 generazioni, brevemente interrotta solo dalla guerra. Il primo bellico conflitto mondiale, arresta solo momentaneamente Eliseo Bisol e viene accolta dalle preziose mani del figlio Desiderio, in affettuoso vernacolo chiamato Jejo ( da cui eredita il nome una delle tre linee aziendali) che lo affida ai suoi 4 figli, Antonio, Eliseo, Aurelio e Claudio.
Ogni erede possiede un ruolo fondamentale e lo esegue diligentemente e col proprio estro, imbevuto nel DNA Veneto, mentre lui batte come un segugio tutti gli anfratti delle ripide e rigogliose colline di Conegliano per acquistare terreni che meritavano di essere marchiati Bisol perchè realmente rappresentativi di un vitigno e di un territorio.
Si susseguono gli anni e le generazioni, che portano la famiglia nel 1960 a far parte della tanto rinomata e selettiva associazione Talento che racchiudeva in se le regole e i comandamenti dei Vini Spumanti di Qualità, oltre che prestigio, ma anche responsabilità di tramandare i racconti e le potenzialità di una terra.
Ora Gianluca percorre le orme dei suoi famigliari, sempre disegnando con pennellate sicure e nette il carattere del prosecco, un vino a volte bistrattato per la sua quantità, ma una bollicina, piena, carica, florida, simbolo di una zona che se spremuta con competenza, passione e amore, da vita a cremose ed eleganti bolle, fredde ed aggraziate, cristalline, erbacee, ricche, balsamiche, sorprendentemente di altissimo valore.
Una cantina che custodisce gelosamente le sue produzioni
Anche se con l’acquolina in bocca, desideroso di soddisfare le mie papille, facendole generosamente e con assoluta grazia, pizzicare dalle briose bolle di prosecco, non posso non farmi accompagnare, dall’abile, forbito e competente cicerone dell’azienda Andrea, in cantina.
Sempre abilmente condotto dalla mia giovane guida, acerbo solo nell’età, ma perfetto conoscitore della zona e perfetto padrone di casa, visito sia la zona moderna e tecnologica, che l’area antica, che gronda storia e che apre il cuore e la mente, proiettandomi in un attimo il film della storia della famiglia Bisol.
Passiamo per fermentini, autoclavi, barriques di rovere Francese, dove sostano per 9-10 mesi, alcune etichette della linea Bisol, per renderle ancora più lussureggianti e impreziosirne il carattere e l’aroma.
Finalmente è il momento di degustare: un territorio e le sue sfaccettature!
Arriva, il tanto agognato e ambito momento della degustazione. Quindi chiudo gli occhi e raduno tutti i miei sensi, spronandoli e preparandoli ad assaporare un territorio che in tanti vogliono omologare, catalogare, stereotipizzare, ma che possiede estreme differenze, che gli abili produttori e vignaioli sanno evidenziare e mostrare.
Iniziamo con la linea Jeio, assaggiando il Brut e l’Extra Dry, entrambi dotati di mineralità, tipica dei colli di Conegliano, in cui le note agrumate, floreali, pungenti del calice, si snocciolano con la stessa eleganza e determinazione, rese un pò più sinuose, setose, ricche quando il residuo zuccherino si incrementa nella versione extra dry.
Una volta scaldati i motori e i recettori filiformi delle papille gustative e risvegliato il nostro alcolico ipotalamo, siamo pronti ad accogliere nel nostro ormai viziato palato, il “Crede”, in dialetto argilla, per simboleggiare la stratigrafia del suolo che nutre quel calice.
Terreno compatto, muscolare, tenace, che trattiene l’acqua e le sue sostanze e le rilascia al grappolo generando un calice sferzante con note di timo, lavanda, pulite, spigliate, estroverse che detergono e tonificano il palato,con freschezza e aromaticità.
A questo punto si stappa il “Molera Extra Dry”, un vero scalpo di storia della famiglia, visto che in passato veniva vinificato in versione ferma, quando le bolle erano ancora in fermento.
Il Molera, deriva da suoli morenici e rocciosi, caratteri che ritroviamo all’olfatto e al gusto, con un sorso fruttato e minerale, amplificato dal maggiore residuo zuccherino presente.
Ci avviciniamo verso la fine di questi frizzanti assaggi, e Andrea sfodera “il Relio” dove freschezza, sapidità, complessità raggiungono vertici estremi, proprio come i vigneti da cui nasce quel calice. I migliori vigneti, inerpicati eroicamente e saldamente aggrappati a quei suoli, scelti per rappresentare Aurelio Bisol, da cui il nome Relio, che si è dedicato totalmente a quei sentieri, a quei paesaggi, a quelle diapositive che ha minuziosamente cercato, insieme ai suoi famigliari, di versare nelle loro bottiglie.
Meno di 5000 bottiglie per rappresentare le vette più ripide della zona, per queste denominate Rive, 43 rive all’interno della denominazione Rive di… Guia, ognuna diversa, ognuna con una peculiarità, ognuna manualmente raccolta, stoicamente, unica soluzione possibile per godere di quei frutti, di quegli acini, nutriti da quei suoli e tonificati da quelle escursioni termiche, possibili solo in quel particolare areale.
I freschi terreni donano alle uve un’inconfondibile acidità che, insieme ad una buona mineralità, rendono questo Prosecco Superiore un capolavoro di equilibrio e freschezza.
Dulcis in fundo, terminiamo questa scalata tra le sommità e le cime ardue, ma teneramente sinuose e avvolgenti di Conegliano, con il “Cartizze Dry”.
107 ettari di vigneti che si protendono lungo la collina simbolo del territorio del prosecco, a 300 metri sul livello del mare, suoli che conferiscono freschezza e complessità, che originano un sorso articolato, tridimensionale, non così semplice come tutti pensano, quando si avvicinano al prosecco.
Ovviamente tutto è ingentilito dai 25 g/l di residuo zuccherino che rendono l’assaggio più accattivante, più spudorato, anche se sempre sornione e compito, mai eccessivamente facile e ci lascia in bocca il ricordo di questa splendida camminata tra vigneti solitari, intrepidi, valorosi che producono, insieme all’armonioso intervento umano vini da non semplificare, da non sminuire, ma da esaltare in tutte le loro possibilità.
Mi alzo, contento, soddisfatto, appagato, nel corpo e nell’animo, dopo aver attraverso questa briosa mezz’ora di assaggi, percorso tutti quei posti studiati sui libri, bevuti alle degustazioni, velocemente tracannati sul bagno asciuga in quei pochi momenti di commerciale svago tra amici che pagherò con qualche giorno di purgatorio.
Esco dall’azienda Bisol, sempre più convinto e desideroso di far comprendere che un nome, un titolo, quello che il mercato a volte ha relegato in un segmento commerciale è un vino, uno SPUMANTE, dall’estrema eleganza, dal valore immenso, sempre depositario di una biodiversità, una storia, una tradizione da comunicare, narrare, far degustare.
Seguiamo questa “direzione” e potremo degustare vini eccezionali e che dietro un titolo, non c’è sempre e solo una verità ed in questo modo potremo conoscere un’Italia e un mondo dei vini, straordinario e ricco, capace di accrescerci, con la vista e col gusto, capace di rendere in bottiglia, cartoline strepitose e strabilianti.